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DELLA EROICA CARITA' VERSO IL PROSSIMO
Come la Carità verso Dio, così fu ancora ardente la sua Carità verso il prossimo, al quale cercò di apportare tutti i vantaggi possibili sia spirituali che temporali.
Tutte le fatiche apostoliche che egli sosteneva, avevano per fine di salvare le anime dalla perdizione e condurle a Dio. Malgrado che per la tosse bronchiale, con riflessi alla gola, la vociferazione gli fosse penosa, pure accoglieva tutti sereno e mansueto, anche se erano importuni ed indiscreti. E tutti poi partivano consolati, né mai alcuno ebbe a lamentarsi di non essere stato ben accolto. Per consolare gli afflitti non risparmiava se stesso; ed ad un Padre che lo esortava ad aversi dei riguardi, rispose: "Carità! Carità!" Soleva dire: "La limosina non si fa solo con la limosina; si fa pure con una buona parola, con un consiglio, col buon viso, con una raccomandazione, insomma in tanti modi.".
Una volta, nel Monastero di Cava, preso a soccombere per la stanchezza, fu consigliato da una Suora a rimandare molta gente che ancora aspettava. "No, figlia", rispose, "una parola per ciascuno si contentano tutti. Vengono da lontano con tanta fede; il non riceverli sarebbe mancanza di carità".
Un'altra volta, pure in Cava, dopo aver ascoltato una grande moltitudine di persone, verso il mezzogiorno, molle di sudore per la fatica durata, si preparava a ritirarsi in camera, quando fu pregato di scendere in Chiesa per confessare. Qualcuno gli fece osservare che era tempo di desinare, e che di più la Chiesa era umida. Egli non rispose che con un dolce sorriso, e ad ogni gradino della scala che scendeva, ripeteva: "Pazienza e carità!".
Il grande concorso dì gente, che chiedeva conforto e consiglio al Servo di Dio, si spiega perchè veramente la parola di lui infondeva pace e serenità. Tutti trovavano in lui un angelo di conforto e di pace. Più di una Suora Alcantarina. sperimentò che nel palesargli un dubbio svaniva; e quando gli si manifestava qualche pena, alla risposta "ci penserò io" l'animo si sentiva riconfortato.
Quando per la prima volta nel 1888, si presentò alle Suore di Regina Coeli in Napoli, disse alla Superiora: "State tranquilla, io vi lascerò la pace.". Infatti d'allora in poi, come attestò la Superiora medesima, si gustò in quel Monastero una pace di Paradiso.
Quando poi si trattava della conversione dei peccatori, ogni sacrificio per lui era nulla.
Egli pregava di continuo per loro e si offriva vittima per la loro salute. Già ho accennato quanto egli soffrisse per scontare i peccati altrui, specialmente in tempo di maggiori disordini. Essendo stato raccomandato a lui un povero peccatore ostinato, disse: "Pregherò per lui. Vedremo chi la vince, o lui a fuggire, od io a corrergli dietro. Questo problema lo scioglierà la Madonna.". Dopo pochi giorni, quel peccatore si riconciliò con Dio.
Per il bene delle anime Dio concorse spesso col suo Servo in modo meraviglioso.
Chiamato a confessare un uomo infermo, non poteva andarvi per le sofferenze che pativa. Era afflitto per questo, e pregava per quell'infermo. Allora, come raccontò egli stesso alle Benedettine di Eboli, l'Angelo Custode e S. Raffaele gli si offrirono come guida, e così potè andare e tornare col loro aiuto.
Nel 1889, in Vetranto (Diocesi di Cava) Vincenzo Cavalieri era gravemente infermo e desiderava confessarsi dal Servo di Dio. Senza aver ricevuto nessun avviso, il P. Leone si presentava alla casa dell'infermo, dicendo: "Dov'è il malato che mi desidera? Il cuore di Gesù mi ha mandato.".
Un'altra volta, mentre era in Angri, malato nel suo letto, si rese presente nello stesso tempo a Cava per confessare una signora pur essa inferma che lo desiderava.
Similmente inesauribile era la sua carità per i bisogni materiali del prossimo.
Sin da giovinetto era talmente caritevole, che una volta diede in elemosina la sua biancheria ad un poverello.
Durante il colera abbiamo visto quanto fosse eroica la sua carità nell'assistere i malati.
Aveva una speciale compassione per le famiglie cadute in bassa fortuna e le soccorreva copiosamente.
Tutti gli infelici e bisognosi che si presentavano, voleva che fossero soccorsi, nessuno eccettuato; e per questo non badava ad economie.
Voleva che la minestra che si dispensava alla porta del Convento di Angri fosse abbondante e ben preparata. Una volta, nell'estate 1899, passando per la cucina ripetè lo stesso avvertimento, e poi benedisse la caldaia, ove era già preparata la minestra pei poveri. In quel giorno i poveri erano da 150 a 200, e la minestra sî poca da non poter bastare a tutti. Invece, non solo bastò, benchè ne fosse stata data una porzione più abbondante del solito, ma ne sopravanzò. Lo stesso avvenne pure altre volte.
Mostrava inoltre una tenera carità verso i suoi confratelli di religione. Non fu notato mai che egli mormorasse, benchè menomamente degli altri, anzi abborriva di preferenza un tal difetto. Nelle conferenze domestiche inculcava vivamente questa virtù della carità fraterna, e da Superiore era severo verso coloro che avessero mancato contro questa virtù.