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DELLA EROICA SPERANZA
Aveva una grande fiducia nella divina bontà. Soleva dire: "Non domandate poco perché è fare ingiuria alla bontà di Gesù C.. Egli è un gran Signore e perciò vuole concedere le sue grazie alla grande: perché domandare poco e una cosa sola?".
Anche in mezzo alle più gravi difficoltà e tentazioni non perdeva mai la sua fiducia in Dio. Dopo l'anno di noviziato, i Consultori furono di parere di rimandarlo in famiglia per la sua malferma salute. A tale nova il Servo di Dio andò innanzi al Sacramento ed esclamò: "Siete voi, o Gesù, il Superiore della Congregazione, oppure sono i Consultori? Se sono i Consultori, acconsento a tornare a casa; ma se siete voi, non uscirò mai, mai." Tanta fiducia fu premiata; egli fu ammesso alla professione.
Nel tempo degli studi, come egli disse al Comm. Bartolo Longo, non potendo applicarsi molto, ricorreva con fiducia al Signore, e gli riusciva tutto facile, specialmente l'intelligenza delle opere di S. Tommaso.
Ammirabile era pure la sua fiducia nella divina Provvidenza. Una volta dovevano pagarsi circa £.100, e il fratello economo era in angustia, perché non aveva un soldo. Il Servo di Dio gli disse: "Fratello, confidiamo in Dio, il cuore di Gesù non ci abbandonerà”. Poco dopo arrivava una lettera assicurata con l'elemosina corrispondente alla somma necessaria.
Date ai poveri, diceva, perché il Signore darà a noi. In un tempo di grandi ristrettezze per la Comunità, quasi forzato dal consiglio dei suoi Consultori, permise che si diminuissero le solite limosine. Ma, dopo circa un mese, chiamato il fratello economo, gli disse: "Lo prevedevo io? In questo mese che si è ristretta l'elemosina ai poveri, noi non abbiamo ricevuta nessuna oblazione. Date, date ai poveri – soggiunse - senza restrizioni". Infatti, rimessa come prima l'elemosina, cominciarono ad affluire offerte inaspettate.
Meravigliosa era poi la sua fiducia nella preghiera."Basta che io prego che tutto ottengo", diceva alla Contessa Fusco. Egli pregava di continuo, diceva: "Io sono più felice quando prego che quando predico". Ed aggiungeva: "Convertiamo in preghiera tutto quanto facciamo, diciamo e patiamo durante il giorno".
Una volta esortava le Suore Alcantarine a ripetere più volte l’ "Ora pro nobis" nelle litanie, perchè, dice: "Il primo "Ora pro nobis" è preghiera, il secondo è insistenza, il terzo è pretenzione. Bisogna fare come i bambini quando vogliono i confetti: prima domandano colle buone, poi con ostinazione, infine col pianto".
Questa sua fiducia tenera ed incrollabile nella divina Bontà la sapeva trasfondere pure negli altri, come un balsamo di conforto e di pace. Quando vedeva qualcuno, diceva: "Pregherò per voi". Queste parole calmavano le agitazioni e lasciavano nel cuore una dolce fiducia.
Nel confessionale alle anime scrupolose soleva dire: "Dormite su quattro guanciali chè il padre vostro - così chiamava se stesso - chiude i vostri scrupoli nel cuore di Gesù". E poi amabilmente imperioso aggiungeva: "E zitto!".
Le Suore della Carità in Pagani, sul punto di essere espulse, vennero animate dal Servo di Dio a confidare nella Provvidenza del Signore. Col sorriso sulle labbra diceva loro: "Non temete; fidate in Dio il quale confonde i disegni degli empi". E così difatti avvenne.